Roma, Džeko non è più solo

La prova del nove era già stata superata. Questa di Crotone è quella del dieci. Superata a sua volta. Delle undici squadre che stanno attualmente in fondo alla das- sifica, che poi non è affatto un fondo visto che sconfina oltre la metà della lista, alla Roma non resta che lo Spezia, poi le avrà battute tutte. Più che una stati stica è una filosofia. Il segno di riconoscimento della setta, il sa luto segreto, è l'indice sulle lab bra. Facciamo silenzio e maga ri non si accorgono di noi fin ché non è troppo tardi. Elogio dell'ombra, codice del guerrie ro in agguato nella notte.

Può anche essere visto come rassicurante abbraccio della me diocrità, bisogna riconoscerlo. Ma basta aspettare che la storia ti scovi e ti presenti il conto. Do- menica prossima all'ora di pran zo la Roma dovrà digerire l'In ter appena messa in frigo dalla Sampdoria, quindi brinderà con la Lazio e lo voglia o no sarà co stretta a mostrare di che mate riale siamo fatti il suo fegato eil suo stomaco. Lo Spezia, in dop pia porzione tra Coppa Italia e campionato, viene dopo, quan do la Roma avrà ormaireso pub blica la sua vera identità. Dicia mo che oggi la rivelazione pro mette bene: potrebbe essere un colpo di scena di quelli che re stano stampati nella memoria e tolgono il sonno.

Perché Fonseca sull'identità della Roma ha lavorato parec chio. Si vede quando la squadra fa scivolare dolcemente il gioco scavalcando fango e aquapla ning come con la Sampdoria e quando continua a tenere al guinzaglio il pallone aspettan do il momento giusto per libe rarlo come con l'ordinatissimo ma poco dotato, con l'eccezione di un Messias che grida nel de serto - Crotone di Stroppa. E si vede quando Fonseca smonta i suoi meccanismi per sostituire i pezzi, mette a riposo Dzeko in vista delle bufere a venire, im magina Cristante pemo del gio co, Villar intelligenza e fantasia artificiale, Mayoral ferro della landa, visioni che sono tutte sue.

Leonardo da Vinci, in polemi ca con il giovane Michelangelo, saisse che considerava arte la forza di mettere, cioè la pittura, assai più di quella di levare, cioè la scultura. Fonseca, supponia mo, non si considera un genio, però con accurata modestia sta fabbricando qualcosa di simile a un capolavoro per forza di leva re: togliendo a Villar l'insicurez za di sé, a Cristante la convinzio ne che non vi sia gloria se non nell'area avversaria, a Mayoral l'egoismo e la fretta. Alla Roma intera ha tolto invece la sensa zione di essere figlia di divinità gelide, oggetto di un complot to cosmico che coinvolge pure i tamponi positivi di un nuovo ds e l'incidente (un caldo in bocca allupo) di De Sanctis. Impossibi le dire quanto durerà, ma oggi è una Roma Felix. Magari un gior no Fonseca riuscirà a modellare persino limpalpabilità di Carles Perez. O, forse, no: ci vorrebbe Michelangelo.

(Corriere dello Sport)